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Radici. Eros e Thanatos

Radici. Eros e Thanatos
Airin Col
Nuova proposta - Area 1 - Pittura classica e Scultura

Radici. Eros e Thanatos

di: irene colelli

OPERA IN CONCORSO PER: Eros e Thanatos 4.0


RADICI
L'opera è 100x185 cm, realizzata con tecnica mista acrilico e olio su tela. Il dipinto e il titolo “Radici” prendono spunto ed ispirazione dal pensiero di Empedocle, il quale cercò di unificare la filosofia ionica con quella di Eraclito, accogliendo sia l’idea del continuo mutare delle cose sia l’immutabilità e l’eternità dell’essere, distinguendo nella realtà i quattro elementi, immutabili che la compongono, chiamati dal filosofo rizòmata, cioè radici: Aria, Acqua, Terra, Fuoco; dalla diversa unione di queste si otterranno la nascita e la morte delle cose con apparenti nascite ed apparenti morti.
Troviamo, infatti, i quattro elementi raffigurati: a destra e sinistra ci sono due onde di acqua di colore blu separate dalle figure umane centrali; il fuoco è emblemetizzato dal colore rosso di alcune onde sulla destra; l’aria è costituita dai capelli in moto della figura femminile; la terra è rappresentata dallo squarcio di una città in alto.
Il pensiero filosofico di Empedocle su Eros-Amore e Thanatos, Discordia- Odio, quali forze cosmiche diverse,  è inscenato rispettivamente da una figura maschile e femminile, che, insieme ai quattro elementi, si trovano uniti e riuniti nello Sfero, il Tutto, dove regna Amore, che nel movimento del piede sinistro e della gamba destra riflette lo slancio di un passo di danza per elevare  sulla spalla Discordia e al contempo trattenerla avvolgendola con il braccio e la mano destra ; movimenti protesi ad esprimere l’azione di opposizione di Eros al regno del Caos e il suo intervento a riportare il Tutto alla condizione iniziale dello Sfero. L’azione di Discordia di portare al regno del Caos e alla dissoluzione della materia è rappresentata dallo squarcio della città che prende il posto del volto femminile .
Come diceva Esiodo, nella sua Teogonia, Eros è “il più bello tra gli immortali, che rompe le membra e di tutti gli dei e di tutti gli uomini doma nel petto il cuore e il saggio consiglio”, infatti, viene incarnato da una figura maschile delicata nei lineamenti del viso e nella forma sottile del ginocchio, ma robusta e massiccia nella struttura delle fasce muscolari delle cosce e delle braccia , al fine di indicare la forza non solo fisica ma anche psichica ed intellettuale; gli occhi chiusi sono al contempo il silenzio, la saggezza e la passionalità di un sentire emotivo al maschile che svela un desiderio atavico di riappropriarsi di quella bellezza e di quel ruolo che gli è sempre stata riconosciuta sin dall’antichità dalla mitologia greca, quale dio dell’amore, della coesione interna dell’universo, principio unificante del molteplice, di cui oggi, nell’attuale contesto storico sociale,  sembra essere stato defraudato, ossia la sua funzione demiurgica di assicurare il principio dell’unione, la procreazione di tutti gli esseri viventi che si traducono nell’atto di donare il proprio seme nell’amore sessuale, nel prendersi cura e nel proteggere.

La figura femminile ritrae la sinuosità di un corpo delineato dalle forme voluttuose dei fianchi e delle gambe e la leggerezza dei piedi delicati, affusolati, vicino all’iconografia greca per omaggiare i frammenti classici tentando di rievocare il mito di Persefone che regna sul mondo dei morti. La sinuosità estetizzante della silhouette si carica di mistero ed enigmaticità, in quanto interrotta dallo squarcio di una città che sostituisce il volto umano e irrompe tra i capelli fluttuanti, rappresentando in tal modo sia il potere di nascita sia il potere di distruzione, sia il dramma sacro della fine dell’esistenza, stigmatizzando il momento del rapimento di Persefone, il suo soggiorno negli inferi e l’impossibilità di vedere le meraviglie della terra, sia il ridestarsi alla vita, alla luce e alla terra sotto forma di città.
Da un punto di vista simbolico, il trono legato alla figura di Persefone è stigmatizzato nella figura femminile appoggiata sulla spalla della figura maschile, protesa a sostenerla, come segno non solo di regalità, ma come segno di sintesi , alter ego del dio e unione perfetta con Ade, lo sposo innamorato, che compie un rapimento d’amore ma anche di morte, che, sempre per amore non vuole assolutamente perdere la sposa amata e pur di tenerla legata a sé ricorre anche all’inganno.

La dualità di queste due forze primordiali, vita e morte, vengono pittoricamente riportate all’unicità, l’una al servizio dell’altra attraverso la fusione dei corpi umani che trova slancio in un incastro dei medesimi e attraverso la simbiosi dei colori dell’incarnato delle silhouette, con il fine di mettere in evidenza che Lei rappresenta il femminile di Lui e Lui rappresenta il maschile di lei, il tutto stigmatizzato dall’alternanza continua del magenta , dell’ocra e del blu in varie sfumature e tonalità.


Dossier Biografico di Airin Col


AIRIN COL nasce in Puglia nella provincia di Foggia il 27 settembre del 1973. E’ attratta dal disegno e dalla pittura sin dall’infanzia; il suo primo ritratto a suo nonno materno a sette anni. Per una serie di eventi personali segue gli studi giuridici, ma ama i colori e...

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